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Tra i tanti intellettuali e stampatori dell’epoca, si distingue Aldo Manuzio la cui storia si intreccia con quella di Alberto Pio III principe di Carpi e lascia un segno indelebile, che perdura tutt’oggi, nella nostra cittadina.

Aldo Manuzio, precettore di Alberto Pio III, si trasferisce nella Serenissima e apre una stamperia ma il sogno di Alberto Pio di riavere il suo amico e precettore vicino, non si avvera mai nonostante gli abbia affidato l’incarico di aprire la prima stamperia a Carpi.

La signoria dei Pio non aspetta a lungo e nel 1506 fa la sua apparizione, nel convento di San Nicolò dei Minori Osservanti, il primo torchio tipografico portato e utilizzato da Benedetto Dolcibelli, che fa esperienza, assieme ad un altro carpigiano, Giovanni Bissoli, a Venezia presso Aldo Manuzio.

L’apprendistato presso Manuzio finisce nel 1498 quando Bissoli e Dolcibelli aprono, a Venezia, una loro stamperia e fanno concorrenza sleale a Manuzio imitando i tipi e i caratteri e stampando, con Bartolomeo Pelusio di Capodistria e con Gabriele Braccio di Brisighella, edizioni greche delle “Lettere” di Falaride e delle “Favole” di Esopo.

La società non pubblica altre edizioni e non prosegue la sua attività probabilmente perché risulta difficile competere a Venezia con Manuzio. Da qui comincia per Dolcibelli un lungo peregrinare per poi tornare al feudo dei Pio.

Alberto Pio impiega un po’ per accettare e perdonare la “scorrettezza” operata da Dolcibelli ai danni di Manuzio, ma poi c’è un riavvicinamento dimostrato dal matrimonio della figlia Alda con Manfredo Pio, appartenente ad un ramo collaterale della famiglia, e quello della sorella Margherita, che sposa il pittore Bernardino Loschi, intimo amico di Alberto Pio e sua persona di fiducia alla quale affida la realizzazione di numerose opere edilizie ed artistiche a Carpi.

Così nel 1506 Alberto Pio lo assume a corte per rilegare una serie di codici e libri della sua biblioteca personale e in quell’anno Dolcibelli, nel complesso conventuale di San Nicolò, stampa tre libri, ma il principe di Carpi, pur essendo omaggiato nelle dediche, non contribuisce alle spese, che sono sostenute da privati.

Nel 1508, nel castello di Novi, presso Carpi, Dolcibelli stampa l’opera di Giovan Francesco Pico “De Proventia Dei contra philosophastros”, questa volta a spese di Alberto Pio al quale è dedicato. In questo testo sono espresse le aspirazioni filosofiche e religiose sia di Alberto Pio che del cugino Giovan Francesco Pico, esule da Mirandola e suo ospite, ed è anche un manifesto politico contro le minacce dei potenti signori vicini.

Benedetto Dolcibelli nel 1509 si trasferice a Ferrara chiamato da Ludovico Bonaccioli, medico di corte degli Estensi. Muore nel 1512 e indica nel testamento, come luogo della sua sepoltura, la chiesa francescana di San Nicolò a Carpi.

Dolcibelli nelle edizioni di Carpi e di Novi, utilizza caratteri nuovi di corsivo, totalmente indipendenti da quelli usati da Manuzio, dimostra in questo modo una sensibilità grafica e una ricerca creativa di notevole valore aggiunto.

Le marche tipografiche di Dolcibelli sono varie e non ripetitive, ad esempio dapprima usa una pigna, poi un simbolo con la lettera “M” all’interno di un rettangolo diviso da aste con le iniziali “D.B” e le lettere “I.V.P.E.” dentro un cartiglio superiore tra due rami di lauro sormontato da una stella e poi, nelle edizioni di Carpi e Novi, utilizza una nave con le vele raccolte e nella banderuola di poppa le iniziali “D.B.”.

Così Carpi, dopo Dolcibelli deve aspettare fino al 1613, quando Girolamo Vaschieri si propone come l’ideatore di una “Bottega da Stampa”, che nel 1622 pubblica il trattato di grafologia di Camillo Baldi, che è considerato il precursore della grafologia.

L’attività di una Stamperia comunale o Stamperia del pubblico, legata cioè alle esigenze della comunità, compare verso la metà del Seicento in cui il Comune affitta ambienti e macchinari a vari artigiani che si susseguono nel tempo, come il modenese Paolo Abbate, e dopo una lunga interruzione, i fratelli Nicolò e Demetrio Degni anch’essi modenesi.

Sono due carpigiani, Floriano Cabassi e Giulio Cesare Ferrari che conducono la stamperia dal 1772 al 1791, mentre nell’età napoleonica compare il nome di Ferdinando Gabardi, e per tutto l’Ottocento i gestori risultano essere Gaetano Barbieri e Giuseppe Rossi il quale, nel 1901, rimane affittuario nei locali della Stamperia ma ne acquista i macchinari, dando così inizio ad un processo di privatizzazione della stessa.

L’azienda tipografica “Giuseppe Rossi” di Carpi, viene rilevata, grazie alla generosità e alle elargizioni di illustri benefattori come l’onorevole Alfredo Bertesi, dalla locale Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra (ANMIG) nel 1920, che si prefigge di offrire lavoro e impiego ai propri soci, una cinquantina, ed ad un certo numero di orfani e vedove di guerra.

L’anno dopo, nel 1921, viene acquistato anche il negozio di cartoleria che rimane attivo come “Cartoleria Mutilati” fino al 30 aprile del 1932, oggi di proprietà della famiglia Giglioli.
Durante il regime fascista, la Tipografia “Mutilati”, affronta momenti difficili dovuti alla serrata concorrenza con la Società Tipografica “L’Ardita”, ma tutto cambia nel 1938 quando gli viene assegnato l’appalto per le pubbliche affissioni, che gli permette di risollevarsi economicamente.

Riesce con fatica a riprendersi, sul piano occupazionale, nel secondo dopo guerra e a partire dagli anni Cinquanta fino agli anni Settanta, lo “Stabilimento Editoriale Tipografico Mutilati” è la tipografia carpigiana più attiva perché l’Amministrazione comunale carpigiana le affida la stampa di numerose pubblicazioni, e fino agli anni Settanta le permette di occupare i locali all’interno del castello dei Pio.

Nel 1983 lo Stabilimento Editoriale Tipografico Mutilati, si trasforma in cooperativa grazie ad un’iniziativa dei dipendenti e nasce così la “Nuovagrafica”, che rileva l’attività e cede a titolo gratuito i macchinari più antichi al Comune per la loro musealizzazione.

E’ l’inizio di una nuova era, che proietta la tradizionale tipografia con i suoi torchi manuali e poi le macchie elettriche, nel futuro pieno non solo di innovazione tecnologica, dovuta alle stampanti digitali che creano nuove professionalità, ma anche di nuove responsabilità verso l’ambiente e verso le persone.

Nuovagrafica già da anni si ispira a comportamenti gestionali con alto valore di responsabilità sociale ed ambientale, per questo ha aderito al progetto “Le Vie Della Sostenibilità Graphics”, che le permetterà di raggiungere i propri obiettivi economici attraverso uno sviluppo sostenibile.

E per proseguire la tradizione e mantenere un legame con quei personaggi che con la loro passione e la continua ricerca della perfezione hanno portato le innovazioni che tuttora usiamo, la Nuovagrafica ha aperto una casa editrice che con le sue edizioni APM, acronimo di Aldo Pio Manuzio, ha firmato numerose pubblicazioni di alta qualità e pregio di artisti e fotografi in occasione di eventi a loro dedicati.

 

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